Connection Economy

Ciò che “funziona” tra umani funziona anche nel marketing.
Benvenuti nella nuova era della “connection economy”. 

connection

 

Con la crisi, il mondo e l’economia sono definitivamente cambiati dimostrando che la cultura industriale sulla quale erano storicamente fondati non regge più ed è impellente una profonda revisione.

“I luoghi che vi sembravano sicuri – l’ufficio migliore, il college più prestigioso, il posto di lavoro stabile – oggi non lo sono più. Potete anche restare nascosti in un angolo ad aspettare il ritorno di una normalità che non esiste più, ma nella nuova normalità opporvi al cambiamento non vi servirà a niente”, così Seth Godin, il celebre autore della mitica “Mucca viola”, nel suo nuovo libro “Quel pollo di Icaro (come volare alto senza bruciarsi le ali)” Sperling & Kupfer.

La connection economy, secondo l’autore, è il “nuovo modello di economia” che, nata grazie alla facilità di connessione costante con chiunque al mondo, va a sovvertire tutte le tranquillizzanti convinzioni con le quali abbiamo convissuto sin dalla nascita come il titolo accademico, il posto di lavoro sicuro, il conto in banca, l’auto di lusso…

Nella neonata connection economy i vecchi valori, a detta di Godin, sono definitivamente al tramonto per lasciare spazio alla relazione, all’umanità, alla fiducia, alla sincerità, all’umiltà. Valori ritrovati e resi possibili grazie alla possibilità illimitata di connessione e dialogo che ora permette di riaccendere unadimensione perduta da lungo tempo.
Dialoghi e conversazioni tra umani, ma non solo, tra aziende ed umani (B2C) ed anche, perché no, tra aziende e aziende (B2B).

Nel mondo che tutti conosciamo (e conoscevamo), caratterizzato da limitata possibilità di scelta “…si cercava di piazzare il proprio prodotto sugli scaffali della GDO, di essere in lizza per un posto di lavoro, di sfruttare una conoscenza per far arrivare il proprio curriculum al responsabile del personale…In un mondo dove invece la possibilità di scelta è enorme, nessuna di queste tattiche si rivela efficace”.

Nel 1993 le principali parole chiave evidenziate da una ricerca semantica erano: prezzo, mercato e vendita.
Oggi invece sono potere, consumatore e marca(ossia l’insieme dei valori generati per il cliente).
Già P. Kotler parecchi anni fa aveva affermato “il mercato, oggi, è in mano ai consumatori”.
La disintermediazionee la conseguente possibilità di connessione illimitata, avvenuta grazie ad Internet, hanno cambiato radicalmente le regole del gioco. Regole che cambieranno sempre di più in un crescendo ormai inarrestabile.
Pensiamo, solo per fare un esempio banalissimo e scontato, all’accorciamento in atto delle filiere, alla“estinzione” delle agenzie di viaggio ed al ruolo di Trip Advisor o di Booking…
Oggi il nostro primo atto, per scegliere, è ricercare il parere di qualche umano come noi; prima quel parere era impossibile o mediato da terzi.

Prosegue Godin: “la cultura industriale non è più oggetto della nostra venerazione… ad attirarci è la possibilità di vedere nell’altro uno di noi, qualcuno con cui instaurare un rapporto intimo e trasparente…”
E ancora: “le masse pretenderanno prodotti economici, banali e scontati ancora per molto tempo (per forza ndr)ma le persone desiderano la vostra umanità, non i vostri sconti”.

Se pensiamo, tanto per fare un altro esempio banalissimo, all’iPhone e a tutti i prodotti Apple sembrerebbe proprio di sì.  Steve Jobs è la dimostrazione di questo “ingredient branding intangibile”.

Ma ancora Godin: “Entrare in contatto….vuol dire aprirsi agli altri, vivere momenti di vulnerabilità che potrebbero spaventarci; richiede umanità e generosità non una transazione di bit digitali… La rete sta cominciando ad offrire qualcosa di cui le persone non si stancheranno mai…il bisogno umano di essere capiti … di creare rapporti autentici”.
Un bisogno sempre esistito ma difficilmente appagato.

Qualcuno, a questo punto, dirà: “ma tutto ciò con il B2B cosa c’entra?”.
Ancora due considerazioni e poi vediamo di illustrare come queste riflessioni ci conducano sulla strada del marketing e della comunicazione B2B dei prossimi anni.

Coinvolgimento, sincerità, dialogo ed anche vulnerabilità non sono elementi caratteristici della cultura industriale taylorista e fordista né, tanto meno, di quella più recente dei cosiddetti “analisti simbolici”(v. R. Reich) così avulsi dalla realtà da essere, al contrario, convinti che spregiudicatezza, tecnologiae astuzia potessero guidare una finanza internazionale fondata e sviluppata sul nulla. La tragedia Lehman Brothers, e tutto quello che ne è seguito, ci ha mostrato in tutta la sua terribile chiarezza il reale spessore di questi uomini “meccanici”, fasulli, irreali, pervasi di senso di onnipotenza (e di… cocaina) ancora (o nuovamente) ispirati ad un modello effimero di superuomo.

Perché quando incontriamo una persona arrogante (quindi insicura) proviamo fastidio?
E perché la stragrande maggioranza della comunicazione corporate è ispirata a questi disvalori?
Infatti quando mostriamo il nostro lato umano con le nostre debolezze ed i nostri timori, otteniamo consensi molto maggiori rispetto a quando ci vogliamo far credere falsamente infallibili.

Se pensiamo a “Il discorso del Re”, il film su Re Giorgio VI magistralmente interpretato da Colin Firth, vediamo (anche se è un film) come sia proprio la sua balbuzie a rendercelo simpatico e vicino. La storia però ci ha narrato inequivocabilmente che il re balbuziente diventò un sovrano tanto popolare e amato da riuscire a mantenere compatto per cinque anni il proprio popolo sotto l’attacco nazista e ad resistere sino alla vittoria.

Da pochi giorni è scomparso tragicamente Robin Williams di cui tutti ricordiamo l’interpretazione del prof. Keating: “O capitano, mio capitano!” in “L’attimo fuggente”. La critica ci rivela che la popolarità del già amatissimo Robin Williams crebbe ancora di più, diventando quasi mito, tra gli americani quando ebbe il coraggio di raccontare sinceramente ai media i suoi problemi di depressione, alcool e droghe.

Ed anche il nuovo corso della Chiesa Cattolica con la dirompente carica umana di Papa Francesco testimonia una profonda rivoluzione in atto a tutti i livelli sociali.

Arriviamo al marketing. Certo non stiamo dicendo d’ora in poi di comunicare più o meno così:

“cari clienti facciamo automobili veramente scadenti, si rompono spesso e, forse, sono anche pericolose… Ma compratele lo stesso per favore!

Certamente no.

Ma di:
ripensare allo nostra comunicazione corporate sotto ad una innovativa luce non autocelebrativa,
creare “storie virali” che conquistino prima l’attenzione e poi la fiducia,
intrattenere conversazioni vere, semplici ed “umili” sul web o non sul web (mktg conversazionale) con i nostri clienti senza nasconderci dietro ad un dito in caso di errori o difetti di servizio,
aprirci serenamente alle critiche come momento di fidelizzazione dei clienti,
rinnovare radicalmente il linguaggio ed i modelli interni aziendali,
sviluppare la formazione degli uomini di vendita sulla base di sincerità e umanità e non di finta sicurezza(che tanto tutti “sgamano” subito),
intrecciare profondamente il marketing dell’azienda con cause di CSR (Corporate Social Responsybility).

Solo ripensare la comunicazione corporate alla luce delle considerazioni di questo articolo comporta, vi assicuro, un bell’impegno.
Grazie se avete avuto la pazienza di leggere fin qua!

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